sabato 12 aprile 2014

I diari di Adamo ed Eva

Di Francesco Longo
Europa quotidiano

Nell’epoca in cui termini come “maschile” e “femminile” sembrano pronti per le teche di un museo, l’operazione più spericolata che si possa immaginare è ironizzare su ruoli, stereotipi e generi sessuali. In questo vasto campo minato che è la cultura attuale, viene in aiuto un vecchio libro di Mark Twain che la casa editrice Bordeaux ha saggiamente ripubblicato adesso, e che può fare da vaccino nei tempi austeri del politicamente corretto. Il libro si intitola I diari di Adamo e di Eva (pag. 180, euro 14, illustrato da Edoardo Palmigiani e Lester Ralph).
In principio i diari furono pensati separatamente: quelli di Adamo facevano parte di un volume sulle cascate del Niagara (uscirono autonomamente nel 1904), mentre quelli di Eva sono del 1905. Sono stati pubblicati insieme per la prima volta negli Stati Uniti nel 1995.
Nell’incipit c’è già tutto il registro ironico di Twain: «Questa nuova creatura dai capelli lunghi mi sta sempre tra i piedi». Il giorno in cui Adamo inizia a prendere appunti c’è già Eva al suo fianco. La sua vita merita di essere raccontata da quando compare lei. Subito intravede delle differenze e le annota: «Io non ho ancora avuto modo di dare nome a qualcosa. È la nuova creatura a denominare tutto quello che le capita a tiro». Insieme alle diversità, arrivano presti i fastidi, segnati dalla comicità di Twain: «Vorrei che non parlasse: parla di continuo». Adamo è stupito dai comportamenti di Eva – «la nuova creatura mangia troppa frutta» – e sorpreso dal fatto che lei si ponga al suo livello: «Dice anche di non essere una cosa, ma una donna».
Di fatto, Adamo è razionale, ottuso, pigro, privo di uno sguardo incantato o poetico, mentre Eva è intraprendente, sdolcinata, curiosa. Lei chiacchiera, lui fugge, lei lo ritrova. Secondo Twain, Adamo è incredulo per il fatto che lei esprima dei sentimenti: «È venuta un’altra volta a fare quel rumore penoso e a versare acqua dai buchi con cui guarda».

La vita dei genitori dell’umanità trascorre serenamente nel Giardino. Poi, l’inevitabile: «Questa mattina ho trovato la nuova creatura che cercava di staccare delle mele dall’albero proibito». Insomma, «adesso si è infatuata di un serpente». Ma Adamo non è in grado di leggere le conseguenze della disobbedienza biblica. Il suo sguardo è superficiale: «Lei è arrivata qui tutta coperta di rami e di foglie d’albero e quando le ho chiesto qual era il motivo di quella stupidaggine e ho cercato di togliergliele di dosso si è messa a ridacchiare ed è diventata rossa».
Qualcosa Adamo intuisce, ma resta attaccato al mondo materiale: «Trovo che sia un’ottima compagna. Penso che mi sentirei solo e depresso senza di lei, ora che ho perduto la tenuta».
C’è un vuoto di un anno, nel diario di Adamo. Poi riprende: «Gli abbiamo messo il nome Caino». Lui è indifferente al figlio, convinto che Eva lo abbia cacciato in giro come gli altri animali e prova ad «addomesticarlo». Mentre per lei è una rivoluzione: «L’arrivo di questo essere sembra aver stravolto completamente il suo carattere».
Ad Adamo servono dieci anni per formulare un’analisi sulla loro relazione: «È meglio vivere fuori del Giardino con lei, che lì dentro senza di lei».
Nel diario di Eva invece si capisce che è lei a riflettere sulla coppia e sui ruoli: «Li pare una creatura più interessata a riposarsi che a qualunque altre cosa»; poi: «lui ha gusti volgari e non è gentile»; e «ma non ha un cuore?».
Intuitiva, malinconica, tollerante, si fa domande per capire chi le sta davanti e formula risposte: «Parla pochissimo, forse perché non è brillante».
Per fare slalom tra le trappole della nostra cultura, in cui le differenze tra maschile e femminile vengono rimosse – a parte le “teorie gender” è tutto frutto della cultura – è sano tornare allo sguardo acuto e divertito di Mark Twain. Giocò con gli stereotipi, guardò con leggerezza ai rapporti di coppia. È lo stesso sguardo con cui Eva fissa quello scemo di Adamo: «Ci saranno stati dei buoni motivi per averlo fatto così, ne sono sicura. L’intelligenza si svilupperà col tempo, anche se non credo che sarà una cosa tanto veloce».
Se davvero i classici sono bombe a orologeria pronte a esplodere a centinaia di anni dalla loro pubblicazione, qualcuno avverta gli artificieri.

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