mercoledì 19 febbraio 2014

Un papa, sette donne, tre domande, i commenti dei lettori

di Maria Grazia Casali

Oggi sul blog del Corriere "La ventisettesima ora" hanno pubblicato l'iniziativa di sette autorevoli donne che rivolgono al papa tre domande ciascuna.

Degno di nota non è tanto l'articolo, pur molto interessante, pubblicato sulla rivista "Leggendaria", che ripercorre i temi caldi delle donne nella chiesa, del sacerdozio femminile e della marginalizzazione, quanto la serie dei commenti dei lettori qui di seguito riportati:

  • la Chiesa, come istituzione, è profondamente misogina. La donna esiste come oggetto di una teologia, non come soggetto.
  • Non è singolare che delle donne non credenti e lontane dalla Chiesa si permettano di dire al Papa ciò che deve o dovrebbe fare su questi temi. Che poi tali donne siano anche femministe, portatrici cioè di una visione radicale, intollerante e condannata dalla storia, spiega tutto. Ciò perché solo un perfetto ignorante può sostenere che ruolo della donna nella Chiesa sia marginale. La marginalità è data dall'inutilità. Il sacerdozio è solo uno dei tanti modi per servire Dio e la Chiesa. Gesù diceva che chi vuole essere primo, sia ultimo. Chi vuole essere primo nel Regno di Dio, sia servo degli altri. Non vi è chi non veda che migliaia sono le donne consacrate nel mondo che si rendono ogni giorno serve dei poveri e dei bisognosi: sfido chiunque a sostenere che esse siano marginali nella Chiesa!
  • Purtroppo, la donna è vista tuttora (nel 2014) come l’ancella, la sottomessa, l’obbediente, l’addolorata.
  • Questo Papa sta già facendo cose ai limiti dell’eresia ci mancherebbe solo il sacerdozio femminile. Se Gesù Cristo avesse voluto avrebbe istituito il sacerdozio femminile dall'inizio, se non l’ha fatto ci saranno delle buone ragioni. Se da 2.000 anni il sacerdozio è solo maschile così deve restare. Ci sono cose immutabili per un credente: no all'aborto in ogni forma, no al divorzio, no all'eutanasia e, ovviamente, no al sacerdozio femminile, no all'omosessualità. Se il Papa cedesse su uno solo di questi punti vorrebbe dire che la Chiesa cattolica non esiste più e che hanno ragione quelli che, dopo lo sciagurato Vaticano II, la sede papale è vacante.
  • Le donne non sono marginali nella Chiesa. Forse è l’unico posto dove hanno un ruolo.
  • Nella parrocchia che frequento le donne guidano il catechismo, danno i corsi di evangelizzazione, partecipano al consiglio pastorale, educano alla fede nelle famiglie. Fanno tutto serenamente. Il sacerdozio è un servizio, non un traguardo. Il sacerdote non ha uno stipendio o una posizione più alta. La stima è reciproca. Compiti diversi e ugualmente importanti. Vivere pienamente l’essere donna non vuol dire necessariamente diventare come gli uomini. Siate orgogliose del vostro ruolo e dei talenti che avete e che, grazie a Dio, sono diversi da quelli degli uomini.
  • Ci si divide tra femministe progressiste astiose che vedono discriminazione ovunque e vorrebbero un Papa donna, possibilmente lesbica, e oscurantisti medievali che maledicono il Vaticano II e vorrebbero che la domenica le femmine aspettassero i loro mariti fuori dalla chiesa, legate col guinzaglio a un lampione. A entrambi dico: la Chiesa che chiedete, a vostra immagine, NON è la Chiesa di Dio. E’ il solito vecchio problema del relativismo.
  • Storicamente parlando l’ultima cosa di cui si occupa la chiesa sono i poveri quindi chi se ne occupa e’ senza ombra di dubbio e’ l’ultimo gradino della scala gerarchica ecclesiastica. 
  • Il no al sacerdozio femminile non è un dogma del cristianesimo. E’ un limite imposto dalla Chiesa, non c’entra niente Gesù.
  • Le leggi proclamate dalla chiesa sono al di sopra di qualsiasi etica suggerita dalla ragione umana;in altre parole;o sei con me, o sei contro di me. BRRBRR, meno male che la santa inquisizione è finita da un pezzo
  • Trovo che il sacerdozio femminile sia sopravvalutato. Gesù ai suoi tempi ha dato scandalo in decine di modi ma gli apostoli li ha scelti uomini e nessuno di certo glielo ha imposto
  • “Se Gesù Cristo avesse voluto avrebbe istituito il sacerdozio femminile dall'inizio, se non l’ha fatto ci saranno delle buone ragioni.” Le faccio notare un paio di cose: 
  1. Questo Gesù, ammesso che sia esistito non ha formalmente stabilito alcun sacerdozio.
  2. Stabilire un sacerdozio femminile nella Palestina di 2000 anni fa sarebbe stato praticamente impossibile. La società ebraica, così come molte altre società dell’epoca (e, purtroppo, di oggi) costringeva le donne in una condizione di sottomissione totale all'uomo. Per una donna non era concepibile avere le stesse libertà di decisione, azione e movimento che avevano gli uomini.
  3.  Istituire il sacerdozio femminile significherebbe dare un riconoscimento alle donne che la Chiesa cattolica scongiura fin dalla sua nascita. E non è l’unica purtroppo. Perché? Perché il riconoscimento comporta emancipazione, indipendenza, maggior peso...
  • Credo che l’atteggiamento e l’approccio alle istanze sollevate dalle donne nell'articolo debbano essere ricchi di Carità, di disponibilità e di accoglienza doti sulle quali le donne hanno certamente marce in più senza mai esprimere contrapposizioni esasperate che indicano più delle necessità che delle ragioni. Dio ci Benedica.
  • E' proprio per idee come le vostre che mi sono allontanata disgustata dalla chiesa cattolica, una chiesa in cui sono “la costola” di qualcuno e non un individuo completo. Una chiesa dove l’uomo è il padrone e la donna la serva. Disgustoso.
  • La chiesa cattolica è solo quella che, fin dall'inizio, ha saputo inciuciarsi meglio con il potere.
  • “Non vi è chi non veda che migliaia sono le donne consacrate nel mondo”: si, a fare le serve, mentre gli uomini sono consacrati facendo i re i principi, vestiti di ermellino e coperti d’oro e vivendo in palazzi da mille e una notte. Sapete cosa, in fono sono le donne, forse, le uniche ad aver capito il messaggio di quel tale. voi uomini proprio non ci arrivate, siete solo attaccati al potere e ai vostri privilegi.
  • L'unico vero problema del sacerdozio femminile…..sarebbe la interminabile predica durante la messa.


domenica 16 febbraio 2014

L'amore dopo la guerra

La condizione dei rapporti d'amore nel dopoguerra e oltre.
Uno speciale della Rai che percorre le trasformazioni della storia sociale italiana attraverso documentari realizzati a partire dalla fine degli anni Cinquanta.
L`universo femminile e quello maschile alle prese con il sentimento dell`amore. A commento dei filmati tre donne, una sessuologa e due scrittrici di diversa generazione.
Gli ostacoli che ha incontrato l’emancipazione femminile vanno iscritti soprattutto nel rigido schema familiare e sociale che in passato faceva dell’amore l’unico investimento legittimo delle donne, il cui orizzonte si esauriva nel matrimonio e nella cura dei figli.
I cambiamenti degli ultimi trent'anni hanno assicurato alle donne maggiore autonomia, scardinando i vecchi modi di intendere e di vivere il rapporto d’amore.
Quali sono ora le reciproche aspettative, di uomini e donne, nella relazione di coppia?

venerdì 7 febbraio 2014

Se la donna è un'ossessione

di Massimo Recalcati
la Repubblica,
6 febbraio 2014

Quando irrompe l’insulto ogni forma di dialogo diviene impossibile perché la condizione del
dialogo – sulla quale si sostiene ogni democrazia – è il riconoscimento di eguale dignità dell’interlocutore. L’insulto è l’irruzione di uno stop, di una violenza che rende la parola stessa una sorta di oggetto contundente.
Nei recenti episodi che hanno coinvolto il leader del M5S e i suoi adepti esso si è però colorato di un riferimento forte alla sessualità che sarebbe opportuno non sottovalutare. Perché?
L’insulto sessista scavalca il dibattito politico pretendendo di toccare direttamente l’essere dell’avversario.
L’odio più puro non è infatti per le idee, ma per l’essere: negro, comunista, ebreo, gay, donna? Il politico regredisce qui alla dimensione ciecamente pulsionale del pre-politico. Il nemico non è qualcuno che ha idee diverse dalle mie, ma è un impuro, un essere profondamente corrotto, indegno, privo di etica, per definizione reietto.

Una donna è per il leader del M5S questo? Perché altrimenti suggerire la fantasia di cosa si potrebbe fare alla Boldrini avendocela in auto? A chi verrebbe mai in mente di proporre un quesito del genere? Gli
psicoanalisti sanno bene che le fantasie non sono mai innocenti perché traducono moti pulsionali inconsci. Che razza di rappresentazione inconscia il leader del M5S ha del femminile?
Lo scatenamento delle fantasie sessuali sul web ha fornito un ritratto inquietante della pancia del
movimento che egli rappresenta.

Di questo ritratto vorrei mettere in luce due aspetti particolari.
Il primo è la prossimità perturbante con quella cultura berlusconiana che ha fatto della degradazione del corpo femminile una sua tristissima insegna illuminando così la matrice inconscia di quel movimento che si propone come alternativa al berlusconismo. “Sei una puttana!” “Sai fare solo pompini!” non sono affatto insulti post-ideologici, da bar sport, ma riflettono una ideologia totalitaria in piena regola che riduce la donna a roba, oggetto, strumento di godimento, pezzo di carne da dare in pasto agli appetiti di maschi in calore.
Il secondo è un arcaismo di fondo: quello del padre totemico che gioca coi figli al gioco della rivoluzione senza rendersi conto di quale potenziale ad alto rischio maneggia.
Ha allora ragione la Presidente Boldrini a ricordarci che in chi esercita questa violenza verbale si cela uno stupratore potenziale.
Con l’aggravante che l’appartenenza ad un collettivo, ad un gruppo in assunto di base rigido direbbe Bion, guidato cioè da un forte ideale di purezza autorizza a ingiuriare le donne rendendo il pericolo dello stupro ancora più reale: i commenti osceni, lo scatenamento di fantasie sadico-aggressive, la regressione dell’umano all’animale disinibito è, come mostra bene Freud ne "La psicologia delle masse", un effetto del fare e del sentirsi “massa”.
Non c’è limite al Male per coloro che pretende di fare le veci assolute del Bene.
Gramsci sosteneva che il valore etico di una Civiltà dovesse avere come sua misura di fondo la condizione e il rispetto per le donne. Potremmo tradurre questo concetto affermando che la democrazia ha sempre un’essenza femminile. Essa si fonda sulla cura delle relazioni, sulla legge della parola, sull’unione delle differenze, sulla dimensione fatalmente precaria che sempre comporta la vita insieme.

L’ingiuria e il disprezzo verso le donne e le istituzioni democratiche non sono l’opposizione legittima all’ingiustizia, ma sono solo l’altra faccia dell’uso perverso e corrotto delle donne e delle istituzioni democratiche che ha fatto nel nostro paese scempio della politica.

Quanta strada ancora da fare

Corriere della Sera, Bergamo, 7 febbraio

«Il successo dell’ospedale di Seriate? Gli infermieri, ma solo quelli italiani: «Qui non ci sono marocchine o rumene». A dirlo - durante l’inaugurazione del nuovo blocco medico in presenza del presidente della Lombardia Roberto Maroni - il direttore generale della struttura in provincia di Bergamo, Amedeo Amadeo. Tra il pubblico politici, tanti operatori sanitari e anche qualche religioso: risate e imbarazzo la reazione alle parole del dg. Amadeo ha spiegato: «Nel 2013 il nostro ospedale ha fatturato 1,5 milioni di euro in più rispetto al 2014. Lo dobbiamo al miglioramento della struttura, ma soprattutto a chi ci lavora. I medici, certo, ma più ancora ai mille infermieri, molti dei quali formati nella nostra scuola professionale.Qui non ci sono marocchine o rumene (che comunque sono meglio dei rumeni)».

Nessun imbarazzo davanti ai mormorii del pubblico, Amadeo continua a presentare i risultati di tre anni di cantiere e quando invita una dirigente sul palco offre un altro momento di cabaret: «Venga, dottoressa Auriemma — poi, rivolto al pubblico —, che è ancora una donna interessante, una volta era una bella gnocca». Ancora risate e mormorii imbarazzati. Maroni, quando sale sul palco, sottolinea le parole del direttore generale. «Quando avrà finito con la sanità, avrà un posto sicuro da intrattenitore e io suonerò con lei», dice il governatore lombardo, con trascorsi da tastierista.

lunedì 3 febbraio 2014

Cosa c'entrano i sofisti?

Di Maria Grazia Casali

Li hanno accusati di sovvertire l’ordine costituito e ignorare i valori tradizionali, di partire dall’esperienza e dalla vita dei singoli per configurare la nuova società, di disattendere i vecchi principi, di portare alla ribalta l’uomo e la sua individualità, con il grave rischio di cadere nel relativismo etico.
I problemi di oggi sono stati i problemi di ieri quando allo stesso modo, nel quinto secolo prima della nascita di Cristo, furono messi in crisi la polis, cioè la struttura politica, e il prestigio delle tradizionali “agenzie culturali” che modellavano la società ateniese.
Il problema era serio.

I detentori ufficiali della cultura filosofica, unica forma di sapere autorevole, si erano arenati nella conoscenza e interpretazione del mondo. Si affermava ormai tutto e il contrario di tutto in fatto di conoscenza della physis, cioè del mondo naturale, per cui l’universo era mobile ma anche immobile, il mondo derivava da un ordinamento intelligente ma anche da un moto meccanico. E si trascurava lo studio dell’uomo con tutto ciò che l’uomo aveva di squisitamente umano.

Gli dei stavano a guardare - sicuramente divertiti - questi sofisti, i nuovi intellettuali che i “virtuosi per nascita” temevano, per la paura di perdere il potere.
Furono le crepe nel sapere istituzionale, insieme alle nuove condizioni sociali ed economiche, agli spostamenti migratori, all’ingresso massiccio in Atene dei “meteci” cioè degli stranieri, il diffondersi di nuovi stili di vita e costumi; fu l’accesso al potere di cerchie sociali più vaste a produrre la rottura e a permettere la “discesa in terra, tra la gente, della filosofia”.
I sofisti avevano colto nel segno, per questo riscuotevano tanto successo tra i giovani, che del disagio erano la cartina di tornasole più eloquente.
Fa riflettere questo, all’interno della nostra situazione sociale e politica, negli elementi comuni che vi possiamo ritrovare.

Già ventiquattro secoli fa e come noi oggi, i sofisti mostravano il declino di un mondo e la necessità di una coscienza critica che non crede ciecamente, ma investiga e costruisce una “produttività dello spirito” in grado di cogliere in piena libertà le conseguenze dei fatti umani.
Per qualcuno, oggi, che non getta l’occhio un po’ intorno ai flussi migratori, per esempio, alla globalizzazione della comunicazione attraverso i social, ai nuovi modelli economici e di organizzazione sociale, la crisi della modernità è dovuta al cieco e colpevole rifiuto del passato, al rigetto delle consolidate regole pubbliche e private.

Questa nostalgia del tempo che fu, e ormai irrimediabilmente perso, non tiene conto del fatto che la società è in perenne movimento. E che gran parte delle regole di quel passato sono state edulcorate dalla prassi, se non adulterate da comportamenti ipocriti e di falsa devozione. Basti pensare agli scandali che ogni giorno offendono le nostre coscienze.
Questa nostalgia del passato non tiene conto del fatto che senza i sofisti, “sovvertitori” del pensiero istituzionalizzato, non avremmo avuto Socrate e Platone, e tutto il discorso sulla filosofia morale.

La realtà è che è lo stesso passato, con le vecchie regole, a non riuscire più a contenere il nuovo, a trattenere all’interno degli argini l’esondazione della nuova umanità. Non si tratta di sovvertire l’ordine costituito ma, ancora una volta nella storia, di rispondere a nuovi bisogni. Di vivere dentro il tempo nostro.
La “nuova inciviltà”, come qualcuno la chiama, non è dovuta al semplice rifiuto delle vecchie regole, ma alla mancata costituzione di un nuovo solido codice etico che si imponga dall’interno delle coscienze e che valorizzi l’esperienza, mai uguale a se stessa.

Cosa c’entrano dunque i sofisti con il discorso sulle donne?
I sofisti negarono l’assoluto del pensiero, cioè i fondamentalismi.
Avanzarono l’istanza del pensiero critico, di uno sforzo necessario all’uomo per rispondere a problemi nuovi in un società che andava evolvendo, allora, verso modelli democratici. Si appellavano a una nuova cultura umanistica che ponesse l’uomo al centro del pensiero.
Il dibattito in corso oggi sui nuovi rapporti tra i generi andrebbe calibrato partendo da qua. Da una nuova cultura umanistica.
Dal porre al centro del discorso l’evoluzione della persona, i rapporti, le nuove modalità di relazione con il mondo.

Donne e uomini oggi sono diversi.
Donne e uomini sono dentro il cambiamento, non solo sono criticati i vecchi ruoli, ma sono già in atto i nuovi, molti imposti dai recenti modelli economici.
È atteggiamento miope considerare questa diversità come contrapposizione, come qualcosa di contrario a qualcos’altro. In un atteggiamento nostalgico dei “bei” tempi che furono.
Difficile, così, cogliere sviluppi ed effetti della modernità.

Occorre ripartire dallo studio dei fenomeni per la costruzione di una nuova etica che metta in rilievo i termini dei rinnovati modelli di comportamento umano, che ponga domande nuove intorno all’agire dell’uomo, a ciò che è bene e a ciò che è male.

Con buona pace dei falsi “sofisti”, di quelli che vendono le “verità” senza ritegno morale. Con i soliti inservibili freni tirati e gli occhi bendati dentro il nuovo che avanza.