domenica 22 dicembre 2013

Gli uomini al posto delle donne

Di Maria Grazia Casali

Assemblea dei soci Telecom riuniti per la revoca del CDA. Una platea di occhiali, doppiopetti grigi, volti rugosi segnati da quelle brutte malattie che vanno sotto il nome di operazioni finanziarie e movimenti di capitali.
Al novantanove per cento uomini.
Qua e là uno schizzo di colore, qualche gonna e qualche donna inghiottita dalla marea di nerofumo.
Allora ho cominciato a ragionare per assurdo.

Ho immaginato consigli di amministrazione formati al 99% da donne.
Ho pensato a lavori organizzati sui ritmi femminili, a uomini-manager microfonati in metrò, con il piede pronto a scappare a casa a preparare la cena.

Ho immaginato un mondo di uomini in carriera che si arrendono a metà corsa, rinunciano alle promozioni per la cura di un figlio.
Ho immaginato uomini studiare e lavorare ai progetti con un occhio al video e la mano ai fornelli, uomini licenziati perché diventati padri, uomini giudicati ai concorsi da commissioni femminili, uomini pagati meno delle donne a parità professionale.
Uomini che parlano e donne che non li ascoltano, tutt'al più li guardano annoiate.

Ho immaginato uomini stimati dalle loro donne, a patto che non escano dal ruolo stabilito.
Uomini che per una vita intera eseguono gesti quotidiani, azioni sempre uguali, lavori noiosi che servono a crescere persone e mantenere luoghi di relazione.
E li eseguono senza un grazie, senza un riconoscimento del valore economico, sociale e morale.
Ho immaginato uomini chiusi in casa a lavorare per il benessere delle loro donne, e le loro donne fuori casa, impegnate per la società.
Uomini che lavorano per migliorare la vita degli altri e peggiorano la propria. Che subiscono ricatti per avere l'essenziale. 
Ho immaginato uomini sempre presenti per donne assenti che ogni tanto tornano.
Uomini che aspettano che le donne cambino.

Ho immaginato uomini segregati nei centri antiviolenza perché perseguitati, tormentati da donne violente, senza soldi per scappare di casa e rifarsi una vita. Uomini costretti a coprirsi capelli e volto, a rinunciare agli studi, a far fatica doppia per dimostrare di valere.
Ho immaginato uomini-vetrina, corpi utili al marketing, evidenze fisiche senza cervello.
Uomini fuggiti dalla loro terra e disumanizzati, messi sulle strade a vendere il corpo e ricevere violenze.
Ho immaginato uomini cresciuti con le parole della diversità, senza fiducia nella propria intelligenza, perché tanto un posto assegnato l’avevano già.

Ho immaginato per assurdo un mondo che, se esistesse, gli uomini si affretterebbero a cambiare. 

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