lunedì 6 gennaio 2014

Il sessismo è un problema culturale?

di Maria Grazia Casali

- Gli schiaffi sono schiaffi, scambiarli per amore può farti molto male.
- Un compagno violento non ti accompagna nella vita. Al massimo all’ospedale.
- Hai un solo modo per cambiare un fidanzato violento. Cambiare fidanzato.

Parte da qui Christian Raimo, dagli slogan contro la violenza maschile, per riflettere sul problema.
Sulla violenza di genere vista come una sorta di malattia sociale, senza sfumature tra uomo violento e uomo buono. Sulla “questione femminile” che è sempre confinata a una questione di donne. Sulle modalità mediatiche di comunicazione dell'urgenza, sul parlare dei sintomi senza le cause.
L'articolo apparso sul quotidiano "Europa" affronta la questione in senso culturale, problematizzando, cercando risposte nello stato emotivo del tempo che viviamo, chiedendosi quale ruolo abbia in tutto ciò l'educazione e la politica.
Parla di rilettura della polis nel privato, del confinamento dei conflitti nelle case, dell'incapacità a simbolizzare la rabbia.
Lo fa partendo da analisi, da studi che rilevano come la cultura maschilista non sia innata, e che il sessismo "benevolo" è accettato, non sempre riconosciuto dalle donne come forma di pregiudizio.
Soprattutto affronta un discorso coraggioso, viola il tabù sacro del machismo parlandoci della debolezza del maschio.
Si chiede se gli uomini abbiano mai provato a esplorare la propria educazione sentimentale e sessuale, la propria tensione verso la violenza, se abbiano mai dato un nome alle proprie fragilità, se abbiano mai cercato di mostrarle e spiegarle.
Secondo Raimo il problema è urgente, è "una tragedia sociale grave". Mentre le donne sono attrezzate a fronteggiare le crisi, la maggior parte dei maschi non ha modelli maschili utili per un mondo che cambia, non ha sviluppato quell'intelligenza emotiva che aiuta a uscire dallo stallo. Allora molti recuperano l'aggressività, nella reazione violenta contro i problemi che sfuggono dal controllo.
Quale può essere la soluzione? Soltanto la denuncia e lo stigma sociale? Se così fosse, limitarsi cioè all'emersione del problema, alla denuncia degli uomini violenti, la responsabilità collettiva è come se avesse dichiarato fallimento.

Raimo nel suo bell'articolo ci offre anche una traccia bibliografica. Da Lea Melandri a Chiara Volpato, da Pierre BordieuSteven Pinker, un elenco di libri e di studi utili a capire. Almeno qualcosa di più.

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