sabato 25 gennaio 2014

Primavera araba per chi?

Un cambiamento e uno sviluppo vero non avverrà nel mondo arabo senza un cambiamento essenziale della condizione femminile. "Si potrà parlare di primavera araba quando le donne non saranno discriminate" sono le testuali parole dell'avvocatessa iraniana e premio Nobel per la pace Shirin Ebadi.

E non ha sicuramente torto. Sono passati meno di tre anni e ci troviamo di fronte ad una situazione a dire poco buia sui frutti della cosiddetta Primavera araba!

Di recente é stato pubblicato un rapporto internazionale sulla condizione delle donne nei paesi arabi. Non è un mistero che tutti e nessuno escluso si aggiudicano gli ultimi posti al mondo per quanto riguarda rispetto e tutela dei diritti delle donne.
I giornali si sono subito affrettati a sottolineare che al primo posto c'è l'Egitto come peggior paese per la condizione della donna. Anche se i dettagli negli altri paesi sono più allarmanti.
Bisogna distinguere infatti tra il deficit strutturale e legislativo in alcuni paesi (soprattutto paesi del Golfo) e il peggioramento a causa dei conflitti in atto in altri come Libia, Tunisia, Siria e Egitto, dove, con mille difficoltà, le donne avevano fatto passi da giganti, ma dove purtroppo, questa cosiddetta Primavera ha azzerato i vantaggi ottenuti e ha rimesso tutto in discussione.

Tutte le Costituzioni nel mondo arabo, là dove ci sono perché alcuni paesi del Golfo non hanno una vera e propria Costituzione, evitano di affrontare in modo chiaro questo tema. Nessun accenno all'uguaglianza e alla parità tra i sessi, ma solo un'uguaglianza generica, non traducibile in leggi e chiari diritti.

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